La Storia Totale

 

La mano del destino

 

Nell'associarsi agli strumenti interdisciplinari necessari per una nuova e più ampia visione spazio temporale del mondo, la Global Complexity Art vuole distinguersi dalla superficialità di molta dell'estetica postmoderna, applicandosi a delineare un immaginario artistico del mondo contemporaneo più profondo, con un maggiore spessore antropologico e storico, in modo da essere in grado a dare una continuità essenziale, e non solo in temi stilistici, alla storia mondiale dell'arte visiva. I parametri della Visione Globaleusata anche in questo caso dalla Global Complexity Art, trovano la loro applicazione più idonea nel concetto di Storia Totale.  Questo temine fu coniato negli anni '30 da uno dei maestri della ricerca storica, Fernand Braudel, che lo intese come nuovo approccio alla ricerca storica mediante la multidisciplinarietà, la Novelle Histoire. Questo approccio storico è stato ampliato in epoca più recente, e in particolare nella metodologia di ricerca dell'archeologo italo-israelano Emmanuel Anati, che aggiunse  al termine la connotazione di spazio globale e totalità della storia umana. In altre parole è stata avviata una ricerca storica globale, nello spazio e nel tempo, del tutto congruo alla Global Complexity Art.

 

I denominatori comuni

Come sempre l'approccio alla globalità richiede nuovi parametri. Una prima particolarità della Storia Totale è che non indaga tanto sulle diversità e sui fattori che hanno diviso la storia dell'umanità - imperatori, re, condottieri, religioni e connesse battaglie- mentre tende piuttosto a rilevare i comuni denominatori che sottendono all'insieme delle culture apparse sulla faccia della Terra da quando esiste l'uomo. Osservando sotto questo profilo l'insieme delle culture pre-moderne, ovvero le culture antiche e quelle "tradizionali" recenti, un primo denominatore comune è dato dal fatto che le espressioni artistiche antiche e tradizionali, sempre ed ovunque, interpretano in forma esplicita o implicita il sistema mitologico/religioso della rispettiva etnia. In altre parole, a monte della rappresentazione circostanziale, ovunque il vero soggetto della creazione artistica è stato il mito. Per intendere il significato di mito nell’arte, va chiarito che i racconti mitologici sono i segmenti di un insieme che è la rispettiva concezione cosmologica, realmente complessa ed iniziatica, di cui i singoli  episodi sono una poetica descrizione divulgativa, a cui si rifanno le rappresentazioni artistiche, spesso mescolando i temi mitici con episodi e personaggi reali. All'interno di queste strutture cosmologiche, con un cosmo immutabile nel tempo, vi è però anche una componente dinamica, che è la cosmogonia, ossia il racconto della creazione del mondo, di massima rilevanza culturale. Questa idea di creazione del mondo, che spesso è una partenogenesi e nascita dell’universo, implica la figura divina del Creatore, del demiurgo, padre e/o madre, antenati, che hanno dato inizio al tutto. Tanto è centrale il mito di "creazione" o "nascita" del cielo e della Terra che è in esso che ogni cultura tradizionale riconosce il suo particolare significato e valore in termini di discendenza, identità e rilevanza nel mondo. Questo atto divino della Creazione cosmica venne ritualmente riattualizzato in ogni importante creazione umana. Ovunque "la creazione umana imita la Creazione divina" scrisse il noto storico delle religioni Mircea Eliade.

 

La concezione

Anticamente il rispettivo modello di Creazione cosmogonica venne rappresentata simbolicamente nel rito di "fondazione-fecondazione" di ogni spazio consacrato, sia nella fondazione di città, di templi e di palazzi, come di  semplici insediamenti, capanne, ecc. In effetti questa relazione cosmologia-società richiama l'antico detto "in basso come in alto", che si ripercuote nell'analogia tra gerarchie sociali e gerarchie celesti, entrambi associati all’immagine della “montagna sacra”, che denota l’Axis Mundi tra cosmo e Terra. Così per le strutture architettoniche ed urbanistiche, dato che riflettono il cosmo celeste, le antiche città furono chiamate "specchi del cielo". La stessa omologia tra creazione cosmica e creazione umana è ampiamente contemplata in un sistema di diagrammi riconducibili al concetto di "mandala", un sistema iconologico ancora diffuso in Asia che il grande orientalista italiano Giuseppe Tucci ha definito "psico-cosmogramma". Carl Gustav Jung, che era affascinato dall’argomento, scopri la presenza di diagrammi mandalici in tutte le culture e in tutti i tempi, concludendo che fosse un “archetipo della coscienza collettiva”. In una delle sue applicazioni pratiche, in quanto rappresentazione schematica della cosmogonia, il rispettivo diagramma mandalico venne proiettato sul terreno come schema spaziale sia dei riti di fondazione sia delle piante della costruzioni da realizzare. Questa fu l’usanza in tutto il mondo e sin dai tempi più remoti; come in India i mandala presiedono tuttora alla configurazione delle arti e delle architetture tradizionali. Per un altro verso il sistema mandalico è parte dell'antica ed universale concezione della relazione analogica tra il microcosmo del corpo umano e il macrocosmo, a sua volta legata all'idea di universo vivo e animato, a cui si lega l'antica sintonia tra anima umana e Anima mundi: ecco perchè il mandala è definito “psico-cosmogramma”. In definitiva è in questa rete di interazioni complesse che si trova la logica dell'antico intento culturale di determinare una analogia tra creazione cosmica e  creazione umana; per cui Mircea Eliade potè scrivere che nelle culture antiche "l'arte umana imita l'arte divina". 

Per concludere va sottolineato che questa antica concezione di continuità tra la creatività dell'universo e la creatività umana, ritrova oggigiorno la sua attualità oggettiva nelle testimonianze scientifiche che sottendono all’Universo creativo dell’Evoluzione allargata, oltreché nella sua trasposizione in termini artistici, già annunciata da Joseph Beuys, fino a trovare ripercussione nella Global Complexity Art che, insieme alla sua proiezione in un futuro possibile, rivaluta i comuni denominatori culturali che sottendono alle arti del passato. 



Esposizione Immaginazione al potere

 

Un altro aspetto peculiare della Storia Totale è che il suo campo d'indagine retrocede nel tempo ben antecedente al formarsi delle aree storiche della "civiltà", per giungere a sondare l'immensità temporale dei territori abitati dall'umanità del Primo Evo. Con altre parole la Storia Totale include il divenire culturale dell'umanità durante le epoche che gli storici tradizionali discriminano, con apparente neutralità, come semplice Preistoria. Ugualmente la Storia Totale include i prolungamenti del Primo Evo nelle comunità arcaiche che, in numero sempre minore, hanno vissuto accanto alle evoluzioni storiche, ugualmente discriminati come "primitivi", invece di essere denominati "primari", con tutt'altra connotazione di valore. Naturalmente esiste un motivo per questa discriminazione, apparentemente trascurato dalla storiografia, derivante dal fatto che la storia antica fu scritta da culture ad espansione imperialistica, strutturalmente etnocentriche. I Romani, ad esempio, definivano i popoli tribali dei territori non-urbanizzati col termine dispregiativo di barbari, trasformando i guerrieri catturati in schiavi, utile a rifornire il loro sistema schiavistico che fu il più grande di ogni tempo. Non di meno la colonizzazione europea del mondo, sancita dal Sacro Impero Romano-Germanico, procedette mediante la “conquista” di territori appartenenti alle società arcaiche - come gli Indiani d’America, le tribù africane o australiane- ciò che venne comunemente giustificata con l’alibi della loro “primitività”. Mentre in terre islamiche vennero catturati gli abitanti della selva africana, definiti “selvaggi”, per essere trasportati da navi europee battenti bandiere cristiane, per rifornire il mercato schiavistico del Nuovo Mondo, giacché gli Indiani non poterono adattarsi al lavoro forzato, per cui vennero sterminati. Sebbene molto sia cambiato, la storia della discriminazione mondiale ha lasciato dei segni, per cui si tende a dimenticare che “la storia è scritta dai vincitori”, che è la chiave non solo di un’endemica falsificazione ideologica della storia ma anche per l’esclusione a priore delle culture a tradizione orale. Tanto per accennare ad alcune delle incoerenze endemiche, insieme alla terminologia etnocentrica tuttora in vigore nella storiografia, a cui la Storia Totale, in seno alla cultura della complessità, tende a dare un freno, inaugurando una storiografia universalmente condivisibile, per favorire lo sviluppo di una cultura multi-etnica a livello mondiale.

La città-stato di Ur

 

Lo Ziggurat di Ur

 

Nell'ottica della Storia Totale la barriera ideologica tra preistoria e storia inizia con l'invenzione e la diffusione del sistema sociale che oggi domina il mondo, ossia quello di carattere urbano-statale che ebbe la sua forma primaria nella città-stato sumera di Ur in Mesopotamia. La formazione di Ur ebbe come premessa la “rivoluzione neolitica”, che sostituì la forma di vita arcaica di cacciatori-raccoglitori ereditata dal Paleolitico, per sostituirla con l’allevamento e l’agricoltura favoriti dalla fine dell’Era glaciale e le condizioni eccellenti della “mezzaluna fertile”. S’aggiunge la “rivoluzione  patriarcale” che instaurò l’eredità controllata in linea maschile e trasmessa alla primogenitura, con il conseguente accumulo di mezzi si formarono delle prime “comunità proto-urbane” a regime originariamente egualitario, seguito dalla graduale complessificazione di una crescente gerarchia sociale che radicalizzò le diseguaglianze in classi distinte, dando luogo ai primi sistemi proto-statali che, a partire intorno al 4000 a.C., coinvolsero le formazioni proto-urbane di Ubaid e di Uruk; fu insieme allo sviluppo gerarchico della società che apparvero le prime costruzioni di Ziggurat come conformazione sacrale tipica della Mesopotamia. Sono queste le premesse proto-storiche che, intorno al 2500 a.C., trovarono evoluzione nella configurazione graduale della città-stato di Ur. Questo grande insediamento fu propriamente una città-tempio, dato che Ur venne a incentrarsi sulla costruzione sacrale dell’immensa Ziggurat fatta erigere dal re-sacerdote Mesamepada. Sebbene lo Ziggurat di Ur non fu la prima costruzione del genere ma meritò la fama di essere la più grande costruzione della sua epoca. 

Stele della vittoria di Tele -2200 a.C.

 

Questa immensa piramide a scaloni simboleggiò la Montagna Sacra, ossia la raffigurazione terrestre della “montagna cosmica”, che è una forma immaginativa a cono, composta dalle orbite dei pianeti sovrapposti a diametri restringenti, al cui vertice si colloca la Stella Polare intorno alla quale ruota la sfera celeste: questo complesso simbolico circoscrive quello che si chiama l’Asse del Mondo, che in tutte le culture rappresenta la scala tra terra e cielo. In tal senso scrisse Jean-Daniel Forest, uno dei principali archeologi degli scavi di Ur, che lo Ziggurat fu costruito affinché sulla sua cima potesse discendere la divinità dominante del cosmo per governare il mondo umano, ovviamente tramite la figura sacrale del re-imperatore (Mesopotamia - L’invenzione dello stato, Ed. Jaca Book, 1996). Tanto è vero che i Sumeri chiamarono lo Ziggurat “étemenanki”, “il palazzo del fondamento del cielo e della terra”; da intendere come luogo d’incontro “fecondo” tra l’energia creativa del cosmo e della cultura umana. Questa “unione tra cielo è terra” ebbe come primaria chiave simbolica la cerimonia del “matrimonio sacro”, fisicamente consumato dal sovrano e sua sposa, durante la pubblica inaugurazione dell’anno nuovo celebrato sulla sommità dello Ziggurat. Il “matrimonio sacro” è la chiave simbolica del significato storico di Ur, nel senso sia di relazione empatica, cioè di amore mistico tra cielo e terra, sia di una genetica proliferazione nella storia dei discendenti di Ur. A cominciare dalla concreta conformazione della città-stato di Ur e dello stesso Ziggurat, per cui “l’unione sacra” si consuma nel far discendere, insieme alle divinità sul vertice dello Ziggurat, anche il regno celeste coassialmente sul regno terrestre. È strabiliante come questa configurazione, testimoniata sia dei testi cuneiformi sia dalle permanenze archeologiche, richiami fortemente l’immagine della “città celeste che discende sulla terra adornata come sposa” prevista nell’Apocalisse alla fine dei tempi. Come è significativo che con questa unione di compenetrazione tra cielo e terra si celebrò a Ur, nei fatti, la “nuova alleanza” pattuita dalla “stirpe post-diluviana” a cui Ur dichiarò nei suoi anali di appartenere. Questi assunti sono lontani dall’essere puramente simbolici, a cominciare dal fatto significativo che ad Ur venne coerentemente lanciato la prima sistematica osservazione delle dinamiche celesti, ciò che condusse alla prima grande codificazione astrologica del mondo, a sua volta legata alla prima razionale computazione del tempo, che dette forma al primo calendario della storia, da cui derivarono i successivi; compreso il calendario di Cesare, poi aggiustato da Papa Gregorio, che è in uso oggigiorno. Lo strumento matematico per questa codificazione astrologica fu l’invenzione del confacente sistema sessagesimale, che usiamo tuttora nella misura temporale composto dai dodici mesi del calendario, con i sottomultipli di 2 x 12 ore dell’arco giornaliero e i 60 minuti dell'ora. Questo primo modello cosmologico circoscrisse, per cosi dire, il regno della “città celeste”, il cui ordine venne ribaltato specularmente nella progettazione della “città terrestre”. A cominciando dal cerchio annuale di 360 giorni che venne ribaltato sul cerchio spaziale dell’orizzonte suddiviso in 360°, come tuttora in uso. A ciò si aggiunge che la gerarchia planetaria del cielo venne ugualmente proiettata nella struttura piramidale dell’assetto sociale ed urbanistico; mentre lo scientifico sistema planetario venne tradotto nel mitico olimpo delle divinità antropomorfe e zoomorfe, dove i dinamismi astrali vennero descritti poeticamente con delle vicende mitiche dal volto umano, da cui originarono i racconti che sottendono all’immaginario collettivo che, a sua volta, venne elaborato in tutte le forme della creatività artistica e culturale che abbellirono massicciamente gli ambienti urbani.

L'immaginazione al potere

 

Tuttavia i scienziati-sacerdoti di Ur andarono ben oltre alla sola configurazione temporanea del loro sistema urbano-statale, in quanto usarono la configurazione del dinamismo planetario anche come modello della creatività evolutiva del futuro a cui essi diedero inizio. Infatti, la primaria equazione tempo-spaziale che correla la dinamica celeste alla progettazione del sistema urbano sulla terra, fu estesa ad una macroscopica codificazione dell’evoluzione storica del mondo, che si avvalse della scoperta del più grandioso dei fenomeni celesti che è la Precessione degli Equinozi, a cui gli astronomi di Ur dettero la prima computazione. In breve, con le osservazioni astronomiche protratte per generazione gli astrologi di Ur scopersero e computarono anche il più grandioso fenomeno celeste, che è quello della Precessione degli Equinozi. Detto in breve, il fenomeno è dovuto all’oscillazione del’asse terrestre che, deviata dal suo pernio centrale, traccia nella sfera planetaria un percorso circolare in circa 26,000 anni, codificato dai Sumeri come un “anno cosmico” suddiviso in 12 periodi di circa 2.160 anni cadauno; ed è questa grande ciclo astrale che venne proiettato nella storia evolutiva del mondo umano codificato ugualmente nella successione di 12 epoche storiche. Con questa codificazione tempo-spaziale l’asse della rotazione terrestre si trasformò nella lancetta nel grande “orologio cosmico” della storia mondiale. In seguito tutta l’Antichità si riferì a questa successione storica-astrologica. In base ai dati disponibili, l’intento dichiarato dell’inteso rispecchiamento tra cielo e terra, così come venne codificato con gli esordi della civiltà urbana iniziata a Ur, fu quello di sincronizzare l’assetto socio-urbano dell’umanità con il dinamismo complesso del cosmo, proiettando l’interazione dinamica degli astri non solo nello spazio del presente ma soprattutto nel tempo della sua evoluzione storica. In questa prospettiva vanno interpretato la gerarchia astrale della “montagna cosmica” con gli astri e le costellazioni identificati con il panteon delle divinità, che fu proiettato sulla gerarchia simbolica del grande Ziggurat, come modello intermediario dell’ordine cosmico, rispetto a cui venne modellata la gerarchia piramidale della società, del sistema religioso e della struttura urbanistica: ma non come fine a se stesso ma piuttosto come prototipo del nuovo ordine mondiale dettato dall’ordine cosmico. Ciò che fu simbolicamente espresso con la discesa della divinità celeste sul vertice dello Ziggurat per dettare al sovrano i primi codici di legge, insieme agli attribuiti di "re del mondo"; similmente ai Comandamenti ricevuti da Mosè sul Monte Sinai. Sebbene esista un antico codice legale di Ur-Nammu, re di Ur intorno al 2050 a.C., la testimonianza archeologica più famosa della "consegna" è il "codice Hammurabi" inciso sulla cosiddetta stele, realmente un omphallo, eretto del re Hammurabi della vicina Babilonia, che ereditò la cultura di Ur, dove si raffigura l'incontro tra la divinità e il sovrano con la consegna di 282 leggi sacrali. In termini più generali, il “nuovo ordine” consegnato dal cielo alla terra, che negli anali storici di Ur rappresenta l'ordine stabilito per l’epoca post-diluviana con cui Ur venne a formarsi, storicamente parlando rappresenta dei termini coerenti alla situazione creatosi con le grandi inondazioni dovuti allo scioglimento dei ghiacci sul finire dell’epoca glaciale, che mutò l’habitat dove l’umanità visse per decine di migliaia di anni. Fu con questo l'evento drammatico, determinante nella storia climatologica e geo-cosmologica del pianeta Terra, con cui ebbe inizio l’attuale epoca solare, a cominciare proprio dai territori della “mezzaluna fertile”, di cui fa parte la Mesopotamia, perché lì si presentarono le circostanze climatiche più propizie per l'agricoltura e la pastorizia, dal cui sfondo emerse lo sviluppo storico di cui Ur fu la punta emergente.

Codice Hammurabi 18 sec. a,C.

 

L’evoluzione storica di Ur prese inizio con una struttura organizzativa dello stato divisa gerarchicamente in tre classi basilari: in alto la teocrazia, in mezzo l’esercito e, al gradino più basso, i contadini che dovettero alimentare le altre due; vi si aggiunge la classe dei commercianti e degli artigiani. Questo assetto sancì il passaggio dall’arcaica “economia di sussistenza” alla “economia del plus-prodotto”, di cui tutto il mondo artificiale della civiltà è il risultato. Con la maturazione di questo modello sociale, che sotto forme variegate sospinse lo sviluppo della civiltà, il regno urbano-statale di Ur giunse a regnare su altri quattro città-stato, tramite cui il re divenne imperatore e la struttura statale di Ur venne a configurarsi come primo impero del mondo. È in questa sua forma di super-potere che i storici vedono nella strutturazione di Ur la prima forma di stato maturo della storia. È il passaggio dalla semplice città-stato ad un impero urbano-centrico, per cui dopo Ur, agli imperi come Babilonia o Roma vene conferito il nome della capitale. Questo nuovo organismo urbano-imperiale assunse il suo potere con la manifesta volontà di giungere a dominare il mondo intero. Infatti, l’idea del “dominio universale” che secondo le iscrizioni cuneiformi si sviluppo in Mesopotamia tra la cultura sumerica e babilonese, è testimoniato anche dagli antichi miti sul “re del mondo”. Le stesse intitolazioni, sempre consacrate dalle rispettive divinità cosmiche, furono ereditate da tutti i re ed imperatori succedutosi nella storia, con denominazioni simili a quello latino di Rex Mundi o Rex Imperator definito “augusto”, che significa divino, mentre la capitale dell’impero romano, ad esempio, venne chiamata “caput mundi” nel senso di "capitale del mondo": tutto come nell’originale concezione sumerica. In questa evoluzione, parimente allo sviluppo del potere e del suo splendore materiale, si propagarono proporzionalmente l’asservimento dei sudditi e la schiavitù dei vinti, come meccanismo produttivo.  Infatti fu a partire dalla città-stato di Ur che, insieme allo sviluppo metallurgico delle armi, l'incremento dell'esercito e l’esercizio della guerra divenne una componente organica dell’evoluzione, sia come strumento di conquista di terre nuove insieme ad una crescente massa di schiavi, sia come mezzo produttivo delle ricchezze con cui gli imperi espansero. Secondo le leggi evolutive della complessità, le guerre endemiche dell’Antichità rappresentano delle discontinuità evolutive con rispettiva crisi entropica, dove il più evoluto ingloba l’altro per salire un altro gradino nella piramide evolutiva della complessità e allargare la sua area di potere.

 

Stele degli avvoltoi

 

Dal primo polo irradiante di Ur seguirono altri poli, tra cui gli Ittiti, gli Assiri e i Babilonesi con le rispettive Ziggurat, come l’Egitto con le piramidi, poi la Persia, ecc. Fino a Roma, in capo all’impero urbano-centrico più evoluto del Mondo Antico, descritta come “una grande città” con le strade convergenti al centro come una grande ruota, il cui calendario fu un’elaborazione del modello di Ur, ugualmente basato sul sistema sessagesimale. Mentre per l’altro verso del globo furono coinvolte le zone dell’Asia dal fiume Indo al fiume Giallo, dove vennero erette delle meno conosciute costruzioni piramidali con analoghi significati, come quella sulla tomba dell’Imperatore Giallo. Seguirono, con uno sfasamento temporale di mille anni e per vie ignote, gli analoghi poteri piramidali dell’America Centrale, con una altrettanto grandiosa computazione del tempo, come il famoso “calendario Maya”, realizzato con modalità autoctone ma concettualmente simili e con uguale proiezione nella pianificazione urbanistica e territoriale. Rimane da sottolineare la peculiarità storica dell’antica Grecia, dove, per quanto fosse stato importato ugualmente l’olimpo astronomico-astrologico d’origine sumerico, il corrispettivo riflesso sulla struttura sociale ed urbanistica degli Elleni seguì una strada opposta. Anzitutto per il riferimento alla democratica epoca pre-diluviana dell’Età d’Oro, dichiarata come origine della “sezione aurea” che venne adoperato come codice universale dell’assetto socio-culturale. Oltre al fatto che storicamente furono solo i Greci ad opporsi al modello di dispotismo semidivino del modello orientale, bloccando i Persiani in eroiche battaglie, a dimostrazione della superiorità del loro modello sociale, basato sull’invenzione della prima democrazia urbana della storia con cui cambiarono le sorti del mondo. Tanto è vero che l’invenzione ellenica della prima democrazia urbana rappresenta un altro denominatore comune nel patrimonio culturale della storia mondiale.  

 

 

Accumulazione temporale

 

Dal punto di vista della Storia Totale la città-stato di Ur ha una rilevanza unica per via della sua collocazione temporale sul bivio macrostorico tra la società arcaica della preistoria e la società civilizzata della storia.  Questa sua collocazione come spartiacque macrostorico è ben rappresentato dall’epopea di Gilgamesh con il suo nemico-amico Enkidu, “l’uomo selvaggio”, che potrebbe corrispondere alla tipologia umana dislocata nella “selva” dei territori neolitici che circondarono ancora largamente le aree dell’antica estensione urbana. Per quanto il riferimento alla forte peluria sul corpo dell’“uomo selvaggio” fa pensare ad un frainteso abbigliamento di pellicce, caratteristico dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico glaciale, tanto più che, secondo Santillana, il nome di Enkidu fa riferimento ad Enki il signore dell’Età d’Oro delle origini; a questo s’aggiunge l’antico mito del “Primo Uomo”, da tempo evidenziato da Saxl in rapporto al mitico Adamo della tradizione giudaica-cristiana. Comunque sia il mito sumero sembra riferire, in termini poetici e cosmologici, del lungo processo evolutivo, e la rottura col passato rappresentato dalla morte di Enkidu, con cui Ur s’affermò nella sua collocazione unica sulla traiettoria evolutiva del mondo. Tanto è vero che tutte le circostanze archeologiche coincidono a poter considerare Ur come polo originario di quello che si definisce come la “storia scritta”. Questa tesi è bene documentato nel libro “I Sumeri alle radici della storia” (Ed. Newton, 1963), scritto da Samuel Noa Kramer, uno dei maggiori studiosi della cultura mesopotamica. Anzitutto Ur rappresenta il modello originario del sistema città-stato, che non è solo la forma urbana dell’abitare – già realizzata migliaia di anni prima sotto forma di “comunità proto-urbane”- ma è soprattutto la città come struttura materiale e simbolica di un crescente potere gerarchico del controllo territoriale, il sistema statale che evolse nella storia fino al controllo complessivo del pianeta. Sotto questo profilo va rilevato che è precisamente la storia evolutiva di questo potere urbano-centrico che, in realtà, è il vero soggetto della "storia scritta". Dato che l’ordine urbano generato da Ur s’allaccia allo stesso concetto di civiltà, ben espresso dalla relazione etimologia tra la parola italiana città e la parola latina "civitas" da cui deriva quella di "civiltà". Si può concludere, quindi, che è propriamente l’irreggimentazione e l’evoluzione della città-stato come "nuovo ordine del mondo" che, in definitiva, forma la "storia della civiltà" di cui il presente è l’espressione.   

Significativamente le antiche capitali degli imperi vennero chiamate “ombelico del mondo”, ciò che implica un cordone ombelicale che nutre il mondo semantico generato che, per il suo tramite, riconduce al suo codice genetico. Ciò che per molte antiche città ebbe un significato simbolico circoscritto per Ur conserva un significato storico globale. Il fatto che Ur è “l’ombelico del mondo”, da cui s’irradiò l’epifania della storia mondiale, è ampiamente confermato dal fatto che più elementi originati ad Ur di quanto non si pensi hanno plasmato il divenire fino ai tempi moderni. Oltre al già menzionato sistema urbano e i poteri monarchici conferiti dal cielo, come modelli universali tuttora in vigore, vanno annoverati l’astronomia, l’astrologia, la ruota e il carro,  oltre al primo racconto scritto, “l’Epopea di Gilgamesh” che è il poema più antico del mondo, scritto con lettere coniforme su tavolette di terracotta, con cui inizia la professione di “scriba” inteso anche come scrittore di letteratura. Va specificato che la scrittura cuneiforme di Ur è ben diversa dall’invenzione sumerica anteriore di una scrittura per fini amministrativi. Nella scrittura epica è rilevante la cosmologia, a cominciare dal segno di base, composto da triangolo e linea retta, che forma l’ideogramma miniaturizzato dell’Asse del Mondo passante per lo Ziggurat a forma piramidale, con cui si rievoca il “matrimonio mistico”, ritualizzato in cima allo Ziggurat, tramite il simbolo maschile della linea legato a quello femminile del triangolo pubico, celebrando così in ogni segno scritturale l’unione tra creatività celeste e terrestre. Non diversamente l’Epopea di Gilgamesh, come la stessa simbologia scritturale, racconta di personaggi e avvenimenti storici sulla terra correlati a dinamiche cosmologiche raffigurate da divinità celesti, come è tipico nella struttura mitica, che, in effetti, sono tutt’uno con la rispettiva religione. Risulta, pertanto, che il testo mitico scritto ad Ur, essendo il primo e più antico testo del genere, rappresenta il capostipite di tutte le Sacre Scritture redatte in seguito. Con questi suoi connotati unici emerge un fatto determinante per l’intera umanità, cioè che la città-stato di Ur è un grande denominatore comune della storia mondiale; é “l’ombelico del mondo” che  ha generato la storia della civiltà, coinvolgendo tutti gli esseri umani, i vincitori per un verso e gli sconfitti per un altro.  

 

L'orologio cosmico

Infine, merita una particolare menzione ciò che fu la matrice generativa dell’intero complesso semantico socio-culturale di Ur: è la complessa cosmologia sumerica con la codificazione matematica e geometrica del firmamento, con cui venne codificato il primo modello delle concezioni scientifiche di tempo e di spazio, formando un insieme cognitivo che si sviluppò attraverso la storia delle civiltà fino a giungere ai nostri giorni. Il primo dato importante è che l’estesa codificazione astrologica di Ur generò la prima grande computazione del tempo della storia, registrato nell’invenzione del sistema sessagesimale che usiamo tuttora, composto dai dodici mesi del calendario solare e le 2 x 12 ore dell’arco giornaliero, cadauna divisa in 60 minuti. Da cui deriva il secondo dato importante, ciò che gli astronomi di Ur legarono alla misurazione del tempo la misurazione dello spazio, a cominciare dal ciclo annuale del sole suddiviso in 360 giorni, che venne proiettato sul cerchio spaziale dell’orizzonte suddiviso analogamente in 360°, come tuttora è in uso. Si tratta indubbiamente della prima equazione di continuità tempo-spazio, dove è la dinamica temporale del sole a modulare lo spazio visivo fino all’orizzonte. Più esattamente è il ciclo termodinamico dell’anno solare, con i suoi periodi mutativi di fecondità creativa, di crescita e di ristagno stagionale, che venne ugualmente a modulare la codificata organizzazione dello spazio, attribuendo ad esso analoghe suddivisioni stagionali e altrettante qualità mutative. Si può constatare che, quello dei Sumeri, è un continum tempo-spaziale opposto al continum spazio-tempo di Einstein, per il quale il tempo è una funzione geometrica dello spazio, mentre si trova una sorprendente analogia con il “tempo creativo“ di Prigogine, che misura crescite ed evoluzioni e fu anch’esso dedotto dai principi della Termodinamica. In questa stessa prospettiva si può interpretare anche il terzo fattore computativo, quello della Precessione degli Equinozi, che segna un macro-ciclo siderale di circa 26.000 anni, detto “anno cosmico”, ugualmente proiettato nello spazio del divenire terrestre suddiviso in 12  Ere storiche dell’evoluzione umana. È la concezione di un’evoluzione sincronica del tempo astrale e del tempo storico, simile a come i cicli temporali del sole e della luna riverberano nei ritmi di crescita della natura biologica. 

L'asse semantico del tempo

 

Il fatto è che gli astrologi di Ur compilarono per primi quello che per tutta l’Antichità venne considerato il più grande dei fenomeni celesti intorno alla terra, cioè la Precessione degli Equinozi dovuta alla deviazione dell’asse terrestre rispetto al pernio della sua circolazione complessiva. Come molto tempo dopo scopri Newton, la causa di questa deviazione è l’attrazione che Luna e Sole esercitano sulla Terra, facendola girare come una trottola. Pertanto l’asse di rotazione terrestre determina due coni lungo i gli opposti poli del globo, con le punte che si toccano al centro della Terra formando una sezione a X, mentre le due opposte estremità dell’asse formano rispettivamente due cerchi nella sfera celeste. Il lato che si considera è quello dell’emisfero settentrionale, dove l’estremità dell’asse terrestre descrive nei millenni un percorso circolare, lungo il quale ogni 2100 anni circa, con un totale di 12 stelle diverse che vengono assunte come nuovi poli della rotazione celeste. Per la codificazione iniziata dagli astrologi di Ur, questi successivi poli sono associati alle 12 costellazioni dello zodiaco, formando un macro-anno zodiacale analogo a quello dei 12 mesi dell’anno solare. In tal modo l’asse terrestre forma la lancetta di un immenso “orologio cosmico”, che, ad intervalli di circa 2100 anni, punta verso una successione di 12 Stelle Polari differenti intorno a cui ruota la volta celeste. L’immagine sumerica di questo meccanismo cosmico, che stranamente richiama la bandiera europea, venne approfondito dai Babilonesi ai Greci, per essere ripreso nel Rinascimento in poi. Come spiega il filosofo della scienza Giorgio de Santillana nel suo libro “Il mulino di Amleto”, anticamente l’aspetto di maggiore importanza di questo “orologio cosmico” è che ad ogni diversa Stella Polare si associa un diverso segno astrologico insieme alle specifiche caratteristiche attribuitogli. Consegue che ogni periodo di circa 2100 anni, in quanto dominato da una  Stella Polare associata a uno dei 12 segno zodiacali, venne interpretato come premessa cosmica per un’epoca storica con le caratteristiche del rispettivo segno astrologico. E dato che le antiche strutture sociale vennero plasmate secondo il cielo astrale, la successione delle epoche zodiacali venne intesa come le successive forme dell’ordine cosmico che venisse ad essere irreggimentati nei susseguenti ordini mondiali di circa 2000 anni cadauno. In tal senso la Precessione degli Equinozi costituisce “l’orologio della storia”, ovunque monitorabile sulla volta celeste, rispetto a cui molte delle antiche strutture di osservazione, come quello di Stonehenge ad esempio, trovarono la correlazione tempo-spaziale da configurare nel rispettivo assetto socio-culturale. (Il mulino di Amleto –Saggio sul mito sulla struttura del tempo, Giorgio Santillana e Hertha von Dechend, Ed. Adelphi 1983).  

La Precessioni degli Equinozi

 

L’antica correlazione tra le età storiche e le fasi cosmologiche segnate dalle susseguenti costellazioni dominanti, come tutta la questione astrologica, non dovrebbe essere inteso come una “influenza” degli astri sui destini umani, ma è piuttosto la lettura degli astri come “orologio cosmico” di un sincronismo universalmente operante sin dalla nascita dell’universo e a cui si riferiscono le cosmogonie. Già Carl Gustav Jung aveva messo in risalto i fenomeni della “sincronicità”, altrimenti definito come “serialità” degli eventi, entrambi inspiegabile dalla scienza di causa-effetto, mentre sono ampiamente dimostrati da una statistica impressionante. Lo confermano anche le antiche tecniche di veggenza che si basarono su questo sincronismo, come quella di leggere le viscere di un animale appena ucciso, interpretato come uno spaccato aperto sul flusso sincronico del divenire. Viceversa è per la confusione tra sincronismo e influenza astrale che sorge la critica, apparentemente giusta, sulla reale inconsistenza delle costellazioni in quanto gli astri coinvolti sono dislocati su piani diversi e distanti: un argomento sviante poiché le costellazioni non sono che “segni” simbolici indicanti la caratteristica delle successive fasi mutative nel dinamismo sincronico dell’universo intero. Si parla di un dinamismo olistico che presenta caratteristiche mutative simili alle ore del giorno o dei mesi e delle stagioni dell’anno, a cui gli antichi paragonarono i cicli cosmici, come il “giorno” o “l’anno” del Signore. Si tratta di una concezione del tempo non lineare e uniforme, ma composto da fasi mutative, come le stagioni non sono uguali rispetto al momento di semina o di potatura.

La Precessione degli Equinozi passa per 12 Stelle Polari in un Anno Cosmico

 

In conclusione, le costellazioni dei segni astrologici sono dominanti quando comprendono la stella Polare indicata dalla posizione variabile dell'asse terrestre; ogni "segno" denota l'ordine strutturale della rispettiva sezione periodica nel flusso sincronico del tempo; i successivi ordini cosmici vennero considerati i modelli dei susseguenti ordini mondiali. In base a queste relazioni Santillana ha potuto documentare, con i miti cosmologi di innumerevoli culture di tutto il mondo, che la questione cruciale nella Precessione degli Equinozi, ossia nella successione degli ordini mondiali che ne derivano, fosse il periodo di passaggio da un’epoca all’altra, che i miti definiscono come una drammatica “fine del mondo” seguita dalla creazione di una “nuova terra e un nuovo cielo” dominati da una “nuova stella polare”, da cui derivano molti fraintendimenti fino ai nostri giorni. Volendo definire il presente, cominciando a contare dagli esordi delle formazioni proto-urbane intorno al 4000 a.C., il polo storico di Ur si collocò nell’Era del Toro, la cui effige venne raffigurata da una ricca iconologia artistica di sculture, mosaici e affreschi, in un’area che dalla Mesopotamia si estende fino a Creta. Nel segno successivo dell’Ariete si colloca l’epifania storica di Roma, mentre l’Era dei Pesci è sincronica al Cristianesimo. Infine questo segno verrà sostituito, come da tempo esulto un famoso musical di Broadway, dall’Era dell’Acquario. Secondo l'antica interpretazione astrologica l'Acquario simboleggia ill “con-versatore” caratterizzato dalla comunicazione generalizzata e la potenziale fratellanza universale, di cui -secondo gli esperti- si è già visto gli albori. Questa larga risonanza in epoca moderna conferma ancora una volta l’attualità dell’antica memoria di Ur.  

 

 

La Torre di Babele

 

La Torre di Babele, Pieter Bruegel il Vecchio,1565